il federalismo disuguale
il federalismo disuguale

AUTONOMIA FINANZIARIA E FEDERALISMO FISCALE Messa in termini di “autonomia finanziaria delle Regioni”, la questione si presenterebbe in modo molto differente da come viene trattata in sede politica e mediatica grazie all’uso dilagante del termine “federalismo fiscale”. La Repubblica non è uno Stato federale né si avvia ad esserlo, anche se la convenzione linguistica che si è formata nel dibattito mediatico e politico presuppone che parlare di Regioni sia qualcosa di deprimente a fronte del glamour che da venti anni a questa parte ha da noi la parola “federalismo”.Quando si va sui testi normativi, e si lavora sull’attuazione della Costituzione e delle leggi, ci si trova davanti ad enti chiamati Regioni, non a Stati membri di una Federazione. Mi limito a ricordare che storicamente gran parte degli Stati federali nascono dall’aggregazione di Stati un tempo sovrani che si riuniscono e credono poi nell’unità raggiunta, peraltro mantenendo agli Stati membri poteri che negli Stati regionali le Regioni non hanno. Il processo inverso, di Stati centrali che diventano federali, non si è verificato molto frequentemente. Per restare all’Europa del dopo 1989, non si è verificato in Cecoslovacchia, dalla quale sono usciti pacificamente due Stati sovrani, né in Jugoslavia, da cui ne sono usciti sei dopo guerre sanguinosissime . L’Italia e la Spagna, altro esempio di Stato regionale, si ritrovano in Costituzione la definizione di Repubblica (o di Patria) “una e indivisibile”, termine ripreso dalla Francia, che invece è ancora uno Stato accentrato. Ma questo elemento comune non cancella le differenze. SECESSIONE  In Francia “indivisibilità” significa che il potere legislativo è indivisibile, sta a Parigi e non possono esservi altri enti titolari di potere legislativo. Da noi e in Spagna, “indivisibilità” vuol dire solo divieto di secessione. Se una o più Regioni dovessero secedere, incontrerebbero, dal punto di vista costituzionale, il limite dell’indivisibilità. Se ne avessero la forza, lo farebbero lo stesso. Ma le Costituzioni sono tali perché ci danno tutti gli strumenti, nei limiti della legalità costituzionale, per scongiurare un esito di rottura (dell’unità in questo caso); e perché nello stesso tempo ci indicano appunto il limite di quello che è possibile secondo la stessa Costituzione, e quindi di sapere quando (in questo caso) non c’è più Repubblica, che in proposito coincide con Costituzione. INDIVISIBILITA’ In positivo, “indivisibilità” si concilia con il compito della Repubblica di riconoscere e promuovere le autonomie locali. Della Repubblica, attenzione, non dello Stato. Infatti l’art. 114 Cost., nella versione vigente dal 2001, afferma che la Repubblica “è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”, a differenza del testo del 1948 (“La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni”) dove Repubblica stava per territorio. Una Repubblica “costituita” da tutti gli enti territoriali, Stato compreso, equivale a un ordinamento generale di cui lo Stato è una parte. Questo non vuol dire, come spesso si dice, parità tra gli enti territoriali. Tanto che subito dopo l’art. 114 parla solo degli enti locali territoriali come di “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni”, senza più nominare lo Stato: che non può essere autonomo da se stesso. IL FEDERALISMO FISCALE  I decreti attuativi di una legge di attuazione dell’art. 119 della Costituzione (l.n. 42 del 2009), nel testo approvato con legge costituzionale n. 3 del 2001, il tanto bistrattato “nuovo TitoloV” , sono la più importante riforma della Costituzione approvata dopo il 1948. La riforma di un intero titolo della Costituzione, quale che sia il giudizio che se ne voglia dare, è rimasta figlia di nessuno, ossia priva di sostegno politico. Poi, però, si scopre che “il federalismo fiscale” altro non è che lo stadio ultimo del processo legislativo di attuazione di un articolo di quella stessa riforma. Come e perché si è arrivati alla nuova formulazione dell’art.119? Il vecchio testo riconosceva l’autonomia finanziaria delle Regioni parlando di “entrate proprie e quote di tributi erariali”, nell’ambito del “coordinamento” stabilito con legge dello Stato. “Entrate proprie”, in particolare, può astrattamente significare sia autonomia delle Regioni di indicare con legge tali entrate, sia, in senso molto più modesto, che sia la legge dello Stato a individuare i tributi propri delle Regioni. La seconda interpretazione ha subito prevalso. La finanza regionale diventava infatti così essenzialmente una finanza di trasferimento, con tanti saluti all’autonomia. IL NUOVO ARTICOLO 119 DELLA COSTITUZIONE Il  nuovo testo dell’art. 119 riferisce al loro territorio le quote di tributi erariali di spettanza delle autonomie locali (di tutte, non solo delle Regioni), il che crea di per sé un differenziale fortissimo fra tali enti. Successivamente la Costituzione istituisce un fondo perequativo per correggere queste disparità. Infine l’art. 119 prevede risorse aggiuntive e interventi speciali da parte dello Stato a favore di determinati enti, quando in essi continuino fra l’altro a mancare le risorse necessarie al soddisfacimento di diritti fondamentali dei cittadini. PROBLEMATICHE APERTE La perequazione, oltre a riferirsi agli enti, si riferisce ai cittadini: anzi, in tanto si riferisce ai primi in quanto è indirizzata ai secondi. Dal momento che per Costituzione sono determinati con legge nazionale, ma sono erogati dalle amministrazioni locali, i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali vanno assicurati a tutti i cittadini della Repubblica in condizioni di eguaglianza prescindendo dalle differenze territoriali. E l’eguaglianza è principio supremo dell’ordinamento Costituzionale. Poi ci sono tutti i problemi, giuridici, politici e di assetto finanziario che pone l’attuazione della legge del 2009. Certo è che i tempi lunghi e l’estrema delicatezza nell’attuare l’art. 119 riflettono anzitutto l’autentica difficoltà di tenere insieme le tante compatibilità che occorre rispettare. Casomai il problema è quali di esse vengono ad assumere priorità politica sulle altre. Ma è l’ultima preoccupazione dei politici quella di render note ai cittadini italiani tutte le conseguenze che  il federalismo fiscale potrà avere sui servizi e sulle prestazioni pubbliche cui hanno diritto.   Sintesi fatta da me su un articolo di Cesare Pinelli apparso sulla rivista mensile Mondoperaio n. 8/9 2011  mondoperaio articolo originale: http://lucavitali.altervista/doc/FED1.pdf

 


Data: 03/12/2011
 
03/12/2011, 20:30
riprovo con le fonti

www (punto) lucavitali (punto) altervista (punto) org/doc/FED1.pdf
lucavi


Autore dal
29/10/2011

03/12/2011, 20:28
le fonti dell’articolo

Sintesi fatta da me su un articolo di Cesare Pinelli apparso sulla rivista mensile Mondoperaio n. 8/9 2011  mondoperaio articolo originale: http://lucavitali.altervista/doc/FED1.pdf
lucavi


Autore dal
29/10/2011