Lo Storico dei ribelli da Peck
Lo Storico dei ribelli da Peck

“Da marzo lo Storico formaggio d’alpe delle Orobie occidentali, citato come eccellenza dal Cinquecento in poi è in vendita nel tempio milanese della gastronomia (tra i 10 migliori negozi di generi alimentari di alta qualità al mondo) ... a 26€... l’etto. La versione "banalizzata" (il bitto dop, che di bitto ha spesso solo il nome, ottenuto con un esproprio legalizzato ai danni di una comunità storica di produttori) continua a diminuire di prezzo”.

(Riportiamo integralmente l’articolo di Michele Corti su Bitto e Storico perché solo così si può comprendere appieno quanto un formaggio Storico possa essere lo specchio di un modello di produzione e di economia ma anche del ritorno a tradizioni che significano anche tutela dell’ambiente e dell’animale stesso. Ma anche perché "la logica della quantità è alla corda")

di Michele Corti

Già da Marzo lo Storico formaggio degli alpeggi della Valgerola e dei confinanti bergamaschi e lecchesi è in vendita da Peck  (nella foto sotto la vetrina che promana austerità aristocratica, come si conviene a un Re dei formaggi). La Società valli del bitto (braccio operativo dei produttori e dei sostenitori di questa leggenda casearia) ha venduto al celebre emporio milanese forme del 2015 e del 2009. Negli ultimi giorni è stato evaso un ordine per forme del 2008. Lo Storico formaggio dei ribelli del bitto dell’ultima stagione d’alpeggio (estate 2015) è stato messo in vendita a 92€ al kg, quello del 2009 a 26€ (all’etto si intende, come si conviene ad una eccellenza rara e autentica, frutto di una lavorazione a mano dalla mungitura in poi,  secondo la stessa logica di mercato per cui nelle cantine di Peck le bottiglie viaggiano sulle centinaia di euro più spesso che sulle decine).

Per lo Storico un successo commerciale da manuale

Un exploit isolato? Per nulla. I prezzi dello Storico sono aumentati e altrettanto le richieste. Il mitico formaggio degli alpeggi delle Orobie occidentali ha voluto mantenersi fedele alla tradizione (si munge a mano, guai a usare fermenti e mangimi e si aggiunge dal 10 al 20% di latte di capra Orobica). Si è staccato dalle logiche industriali del Consorzio Casera e Bitto (ma quale Bitto?). Si dirà che lo Storico è un prodotto di nicchia e che non risolve i problemi dell’economia agrozootecnica valtellinese. Però rappresenta un traino formidabile per l’immagine della Valtellina. La Casera del Centro del Bitto (nel senso che sorge in fregio al torrente con questo nome e che - almeno per ora - sulle carte geografiche non è stato ancora epurato) è sempre più una delle mete ambite dal turista enogastronomico che viene in Valtellina. Potrebbe trainare un sistema agroalimentare veramente artigianale e legato al territorio che facendo sistema con cultura e turismo potrebbe anche produrre fatturati significativi. Ma le istituzioni non lo vogliono perché questo sistema premierebbe i piccoli operatori dei vari settori e non la Cupola degli interessi forti.

Lo Storico alza i prezzi il Bitto dop deve abbassarli

Lo Storico aumenta i prezzi (e le vendite). Il formaggio del 20145 è a 35€ al kg (42 le forme scelte "in dedica" che vengono personalizzate con una forma di creatività commerciale che farebbero bene a venire a studiare dalle università). Al contrario  il Bitto dop nonostante le stampelle di Pantalone vede i prezzi in calo e difficoltà di vendita. E’ venduto al dettaglio al prezzo che al quale lo Storico viene conferito fresco dai produttori agricoli . Nonostante che il Consorzio e le Latterie industriali ricevano generosi sussidi dalla Regione (provenienti dalle tasche di quei contribuenti che soffrono per la crisi, ma che lo stato continua a torchiare senza pietà per alimentare sprechi e parassitismo, posizioni di potere e privilegio).  Lo Storico non riceve alcun sostegno dalle istituzioni (che cercano da dieci anni di cancellarlo anche in modo subdolo come quando hanno sbandierato un "accordo farsa" di cui saranno rivelati presto tutti i retroscena) . Lo Storico ha dovuto autofinanziarsi con l’apporto di persone (valtellinesi e non) di buona volontà che hanno sostituito le istituzioni per non permettere che un patrimonio non solo delle Orobie, ma della Lombardia, dell’Italia, del mondo, venisse cancellato dalle logiche burocratiche, industriali, di potere.

La logica quantitativa è alla corda

Per decenni le istituzioni, gli esperti (legati al sistema) hanno sostenuto che per sopravvivere nell’economia globale serviva fare numeri, volumi di produzione e fatturato, economie di scala, concentrare la produzione, standardizzarla. Che il consumatore voleva solo un formaggio di plastica e che bisognava accontentarlo.

Oggi in Italia gli allevatori buttano via il latte. Il prezzo sul mercato è a 0,2 € il litro ma girano partite a prezzi anche più bassi (e di non poco). La gente comune (di buon senso) sta comprendendo che la logica quantitativa porta a desertificare i territori, spostando attività produttive dove le imprese riescono a state al passo con i prezzi stracciati del mercato globale. Ma poi? Poi ci saranno ulteriori concentrazioni e delocalizzazioni.

Nella pianura padana le stalle da 500 vacche oggi sono considerate inefficienti, marginali. Bisogna partire da 1000 vacche in su per garantire (per un po’) economicità (e si arriva a 2000 e oltre inseguendo l’Inghilterra dove "vanno" quelle da 5.000).

In questo contesto con la zootecnia da latte di pianura in difficoltà possiamo bene capire quanto reggerà il sistema zootecnico valtellinese basato su una serie di fattori in equilibrio precario, assicurato solo da fattori politici e una serie di mistificazioni:

mangimi e buona parte dei foraggi importati (mentre i pascoli si imboschiscono e le vacche sono alpeggiate solo per i contributi e mangiano mangime);

latte spot dell’Est che arriva in continuazione con le botti alle latterie industriali;

una qualità dei prodotti mediocre in forza di processi produttivi fortemente industrializzati (Casera prodotto con sistemi di coagulazione continua, cioè non in caldaia);

un’immagine "Valtellinese" di cartapesta fatta di loghi con donne in costume con secchi di latte, denominazioni "rubate" alle latterie locali assorbite con contributi pubblici e alla tradizione produttiva artigianale (come i "pizzoccheri" industriali e la bresaola di zebù).

 


Data: 16/04/2016
 
16/04/2016, 13:14
Lo Storico รจ una pietra di scandalo

"Il formaggio Storico dei ribelli del bitto in questo scenario è oggetto di fastidio immenso per la Cupola perché si è posto come Davide contro Golia. Continua da anni a sfidare apertamente il sistema al quale gli altri si rassegnano (ricattati dai rapporti con gli istituti bancari o dalla droga dei contributi, necessari per sopravvivere a costi del lavoro e fiscalità insostenibili). Lo Storico dice pane al pane e la Cupola si sente offesa ("ci denigrate" è il loro refrain perché sono abituati a gente che piega la testa, che si mette anche a 90°C). Molti, anche in Valtellina, mugugnano, si lamentano delle banche, degli ipermercati, di un modello economico valtellinese che premia solo le principali località sciistiche e le imprese più grandi... ma poi piegano la testa.

I ribelli del bitto non hanno ceduto, non cedono, non cederanno. Davide ha contro tutti (compresi i comuni, legati attraverso gli amministratori al sistema di potere valligiano).

Se il formaggio Storico venisse sostenuto concretamente dai tanti che guardano all’esperienza dei ribelli del bitto con favore e simpatia, che oggi si scandalizzano perché essi - custodi della tradizione del vero bitto... non possono più chiamarlo bitto - non solo lo Storico potrebbe proseguire la sua resistenza casearia, contadina, umana, montanara, ma potrebbe passare al contrattacco e porsi alla testa di un movimento (al tempo stesso "politico" ed "economico")  di persone, aziende, associazioni, in grado di far crescere un modello diverso di economia in Valtellina".

 

Cristina Culanti


Autore dal
27/10/2021