Il Geron de la Reit
Il Geron de la Reit

PENSIERI IN LIBERTA’

Il Geron de la Reit

A corona della bellissima conca bormina, si staglia imperioso il monte Reit, che ai piedi della sua parete più scoscesa, presenta una grande morena.

La straordinaria bellezza di questo spunto paesaggistico vieppiù si esalta al tramonto del sole dove i colori si accendono sui depositi calcari trasformandoli, a tratti, in minerali preziosi e lucenti.

Ciascuno di noi senz’altro ha soffermato il proprio sguardo ammirato allo svolgersi di tanto incanto e avrà goduto, magari solo per un attimo, di quel sentimento di appartenenza, intimo e interiore, verso e per tutto ciò che ci circonda, animato e inanimato, che ci distoglie altresì  dai pensieri ricorrenti per elevarci al di là dei rigidi confini egocentrici.

Per prolungare il nostro stato di meraviglia, al cospetto di questo bellissimo fenomeno, proviamo ad immaginarci i fondamentali (non pretendendo di farlo di più che da neofiti) che ci consentono oggi l’opportunità e il privilegio di partecipare allo spettacolo naturale offerto dalle bellissime montagne che adornano da nord a sud, da est a ovest la bella Bormio per ritornare poi all’accumolo di frammenti rocciosi del Reit e scoprirne la genesi.

Per comprendere quale sia l’origine dei rilievi alpini in generale, dobbiamo risalire molto indietro nel tempo inoltrandoci, seppure in superficie, sui movimenti della crosta terrestre che provocano il sollevamento delle montagne;  eventi che vanno sotto il termine di orogenesi.

Schematicamente e con elementarità,  le ricerche geologiche e metamorfiche, ancor più le recenti, sono arrivate ad identificare la composizione per strati del globo.

Qui, ci limitiamo ai seguenti due:
La litosfera o crosta terrestre che poggia sostanzialmente su uno strato di maggior spessore detto SiMa composto da rocce ultrabasiche (le rocce formate dal magma raffreddato) con presenza, in maggior percentuale, di silicati di magnesio e ferro.
Il SiMa, può essere considerato come un composto molto denso, con grado di fragilità e elasticità pronunciati nel caso venga sottoposto a movimento brusco (scosse telluriche) il quale però, in tempi lunghi, deformandosi, assume il comportamento di un materiale fluido.  Ciò accade in ragione del gioco delle pressioni; infatti là dove la pressione esercitata dalla crosta terrestre sovrastante è maggiore, il SiMa si comporta come un solido rigido, viceversa se la pressione è minore, il SiMa si comporta come un fluido.

Ora possiamo ammettere che un movimento del SiMa e del suo grado di vischiosità, possa senz’altro spiegare tante cose sulla così detta “deriva dei continenti”. E’ noto, e la letteratura non solo specializzata ce lo insegna, che gli scudi continentali si muovono lentamente sulla superficie del SiMa, costituendo strati discontinui. L’azione che si produce in questo scivolamento genera fenomeni geodinamici (sedimentarî, magmatici, tettonici) che danno luogo, qualora naturalmente i moti siano di avvicinamento dei continenti, alla formazione delle catene montuose.

Pur molto alleggerito il processo qui descritto, penso possa darci una idea sufficiente per riconoscere in questi eventi, ove interagiscono energie e forze di inimmaginabile e di straordinaria potenza, l’origine delle nostre alpi e quindi l’origine del nostro territorio bormino nelle sue particolarità.

Ritorniamo quindi e nuovamente al monte Reit e al suo “Geron”, luogo compreso tra la val Campello e il “Groton”, dal quale siamo partiti, per curiosare un po’ sulle sue attuali fattezze e penetrare i segreti della sua bellezza.

Il Reit, nel nostro comprensorio, è l’espressione massima dell’azione di disgregazione lenta ma continua delle masse rocciose dovuta dall’erosione atmosferica e il “Geron” ne è il prodotto tangibile.

Indagando brevemente sugli effetti degli interventi atmosferici, autori del lento ed inesorabile mutamento della affascinante montagna bormina, iniziamo ad elencare i singoli fattori saggiandone la misura delle conseguenze.

Iniziamo dalla temperatura.
Il calore del sole riscalda la superficie ben più della parte interna della roccia, in quanto questa, essendo cattiva conduttrice, ne rallenta appunto la propagazione al suo interno. Il riscaldamento della parte esposta, tende, come accade nella maggior parte dei materiali, a espandere la superficie assoggettata che, per contro, si contrae a sua volta  con il raffreddamento notturno. Ciò produce uno sfaldamento della roccia procurando delle fessure via via più evidenti sino a determinare il distacco e lo sbriciolamento del materiale roccioso.

Un’ altra componente disgregante, non secondaria alla prima è altresì l’acqua; essa ha il potere di sciogliere, in tempi più o meno lunghi, alcune sostanze contenute nella roccia. L’evento idrometeorico, penetrando nelle fessure, porta seco i sali raccolti appunto dalla roccia dilavata che si cristallizzano in periodi di scarsi eventi meteorici, aumentando la pressione nelle fenditure dove sono stati raccolti  provocando così una ulteriore spinta al distacco della crosta superiore.

Un contributo rilevante è rappresentato anche dal gelo il quale anch’esso, con più evidenza, aziona nelle fenditure la stessa spinta che abbiamo visto poco sopra a proposito dei sali.

Altro fattore dissolutivo da ricordare, è la componente chimica di alcuni organismi.

Talune piante, tra le quali i più noti licheni, emettono sostanze fortemente corrosive, a loro utili per ancorarsi alla parete rocciosa e trarne sostentamento.

In ultimo anche il vento possiamo considerarlo una specie di lima, che modella le cime ad esso più esposte, pur avendo una azione piuttosto lenta.

Tutti questi elementi, nello svolgere degli anni, delle stagioni, dei giorni, hanno costruito, per il bene della nostra vista e del nostro spirito, questo monumento naturale, il “Geron de la Reit” appunto, che non smette di stupirci per i colori cangianti, per la maestà e la storia millenaria in esso iscritta,  bello per la generosità con la quale ospita la vita.

Già la vita, quella del mugo (pinus mugo) per esempio, un cespuglio aghiforme sempre verde, dai rami prostrati, che adorna la parte medio bassa del ghiaione ergendosi (credo) sino a 2300 m. 

Quella anche della ruvida grossa pietra, che in un ambiente scomposto e incoerente, posizionata in modo da arrestare o frenare la caduta di altre superiori, sola muove, a valle di essa, una serie di straordinari eventi composti in stretta correlazione fra loro; per stupirsene e toccarne alcuni, basti solo pensare alla presenza di ambiti protetti, dove vengono raccolti fini detriti atti a favorire la permanenza dell’umidità e quindi la creazione di un ambiente favorevole all’attecchimento di piccole piante (vita), la conservazione dei relativi residui vegetali successivi, quali elementi sufficienti al nutrimento di piccoli animali e di altre specie erbacee  (vita) e così via, il tutto al riparo del sole, del vento, del gelo (microclima). 

Disponiamo dunque di una ricchezza possente ma, come tante altre ancora a Bormio e nelle valli confluenti, è fragile, molto fragile, necessitando di essere sempre e solo governata dall’equilibrio delle leggi naturali.

La conclusione, dunque, porta sempre a noi, esseri ragionanti e discernenti, che abbiamo il dovere, ben coscienziosamente, di abbracciare questo codice naturale  penetrandolo con la nostra intelligenza, convinti che esso riporti le regole alle quali sottostà la nostra stessa esistenza,  ricordando però che non basta la sola conoscenza e il riconoscimento dei principi e dei valori disposti per noi dalla natura, né serve la speculazione concettuale sugli stessi, ma è necessaria la partecipazione concreta alle idee, alle proposte, alle azioni in un continuo confronto, in rapporto funzionale e armonico con altre menti rivolte allo stesso scopo, con il fine ultimo di procedere insieme contro la presunzione di coloro i quali, per un vantaggio generalmente economico immediato, incidono profondamente sugli equilibri naturali talvolta danneggiandoli irreparabilmente o comunque con gravissimi danni per le generazioni future.

In sostanza, ripensiamo e impegnamoci alla reintegrazione dell’uomo nella sua originale, antica, vera umanità che è osservazione, ammirazione, consapevolezza, rispetto, appartenenza, condivisione.

 Luca Matteo Rapallino


Data: 29/02/2012
 
08/04/2012, 18:49
Il Geron de la Reit

Recita un antico adagio “La Notte è assenza di Luce…”  ovvero è proprio Respingendo la Luce che la Vita non può Manifestarsi e quindi l’Amore non può riempire il Cosmo…; e come avviene il respingimento della Luce? Incidendo profondamente sugli equilibri naturali, ovvero non rispettando più le Meravigliose Leggi Cosmiche il cui fine è la Reintegrazione dell’Essere alla sua originale e vera Umanità! La visione del paesaggio del Geron de la Reit ci fa meditare e quindi incoraggia a perseguire noi stessi il cammino di Luce e con il nostro esempio invitare gli atri a fare altrettanto per raggiungere la Condivisione dell’Amore Universale.

legambiente bormio



29/02/2012, 14:57
Il Geron de la Reit

foto Luca Matteo Rapallino

legambiente bormio