Il vino novello ha perso il suo fascino?
Il vino novello ha perso il suo fascino?

Il vino fresco, da abbinare ai piatti autunnali, perde il suo fascino e quote di mercato.

Di Natale Contini

Da oggi, 6 novembre  – dopo il deblocage alla francese - è possibile la commercializzazione del Vino Novello. Quest’anno assistiamo ad un nuovo vertiginoso calo della produzione di questo vino che non supererà i 5/6 milioni di bottiglie a fronte di un picco – raggiunto nel 2002 – di 18 milioni. Una vera e propria frana.   

Due sono i motivi alla base di questo crollo: la tendenza generalmente a ribasso dei consumi di vino nel Belpaese, che coinvolge anche il "novello", ed un crollo di "appeal" da parte di questa tipologia che ormai non rispecchia più i gusti dei consumatori e le tendenze di mercato. . 

Tuttavia nonostante il calo produttivo, il prezzo a bottiglia resta fermo a una media di 5 euro per giungere  fino a punte di ben  10 euro. 

 

Un po’ di storia

Il vino novello così come lo conosciamo oggi, fu inventato quasi per caso in Francia. Nel 1934 ricercatori del settore alimentare stavano studiando come conservare il più a lungo possibile l’uva da tavola appena raccolta. Tra i vari esperimenti c’era anche quello di lasciare i grappoli sotto uno strato di anidride carbonica, ad una temperatura di 0 gradi. Dopo qualche mese i chicchi d’uva erano diventati frizzanti, gradevoli, ma non potevano più essere venduti: così si decise di vinificarli e ne risultò un vino diverso dai soliti e particolarmente piacevole per la sua immediatezza. I primi vignaioli che produssero tale vino erano del Beaujolais, nel Sud della Borgogna: da qui il nome del nuovo vino, piacevole al gusto, dai sentori fruttati e vinosi. In Italia venne introdotto in Toscana nel 1975 da Giacomo Tachis, enologo dei Marchesi Antinori, dopo un viaggio in Francia e da Angelo Gaja con il Vinot. 

Ma dal Beaujolais, antesignano di tutti i novelli prodotti nel mondo, il novello italiano si discosta nettamente. Mentre infatti il sistema di produzione “a macerazione carbonica” è molto simile, la grande differenza sta nel territorio di produzione dal vitigno utlizzato. In Italia il novello può essere prodotto dal nord al sud, usando qualsiasi tipo di uva (preferibilmente rossa): le uve più comunemente usate sono Aglianico, Cannonau, Barbera, Merlot, Nero d’Avola, Corvina, Refosco, Cabernet Sauvignon, Sangiovese. La legge del 6 ottobre del 1989 impone di utilizzare almeno il 30% di vino ottenuto con la tecnica di macerazione carbonica dell’uva intera. Il Beaujolais invece, è è un vino, di un territorio. Qui si pianta un solo tipo di uva a bacca rossa, il Gamay, con cui lo si produce. Infine, i novelli italiani hanno rispetto agli altri una maggiore ricchezza di acido carbonico, un colore rosso brillante, vivace e invitante e una rotondità vellutata ben rilevabile al palato, grazie a qualche traccia di residuo zuccherina. (Foto Cc)


Data: 06/11/2011