La FIERA di PENTESCOSTE di Tirano... ieri e oggi
La FIERA di PENTESCOSTE di Tirano... ieri e oggi

La storica FIERA DI PENTECOSTE torna domenica prossima, 12 e lunedì 13 giugno. Richiama a sé ogni anno migliaia di persone, accorse per visionare le circa 250 bancarelle che caratterizzano le vie della cittadina. Prodotti tipici e non, per un appuntamento che quest’anno si arricchisce con l’ENERGY DAY, nella giornata di domenica, pensato anche dal Comune di Tirano nell’ambito del progetto europeo Rurener. 

 

 

 

Ma com’era la tipica fiera negli anni ‘40? Ce lo ricorda la scrittrice Luisa Moraschinelli...

 

La fiera di Pentecoste, quella di Tirano, per noi della periferia (Aprica), aveva inizio una settimana prima. Naturalmente era legata alla discesa dello Spirito Santo e in paese  si rispettavano tutte le regole tradizionali religiose, ma la fiera, che poi si fa a Tirano e non da noi, pareva avere il sopravvento su tutto.

E non per l’entusiasmo di andare alla fiera, che grosso modo questo era permesso solo da una certa età, ma per quella coreografia che si creava nella settimana che la precedeva.

Incominciava con l’arrivo delle carovane con gli zingari. Provenivano dalla bresciana e non si accontentavano di transitare verso Tirano, ma all’Aprica sostavano per tutta la settimana che precedeva la festa. Creavano grande animazione e con quei loro tipici costumi giravano per le contrade. Non so se cercavano la carità, ma comunque si davano da fare per raccogliere qualche soldino, magari vendendo cianfrusaglie o facendo dei giochetti di prestigiatore, con un uccellino che estraeva un biglietto della fortuna con il becco per pochi centesimi. 

Le mamme raccomandavano ai bambini di non avvicinarsi agli zingari, perché dicevano che li rapivano, anche se ne avevano tanti dei loro, anche da vendere!

Altro movimento preliminare era la strada intasata di animali che la gente del paese portava alla fiera già dai giorni precedenti. Naturalmente non c’era il traffico dei nostri giorni  e le mucche erano abbastanza docili da procedere senza creare problemi.

E da ultimo, al mattino della Domenica era la gente, in particolare giovani, che andavano alla fiera. Non per fare compere , in quanto anche se i giovani erano gli unici cui davano qualche liretta da tenere in tasca per non sfigurare di fronte agli altri, non erano certo in grado i strafare; al massimo ci  stava dentro qualche giro esaltante sulla giostra a seggiolini e poco altro, ma era tradizione andare in coppia. Era una delle poche occasioni in cui la famiglia permetteva di andare con il moroso o la morosa fuori paese, quella era l’occasione tollerata.

E per i piccoli costretti a casa? Per loro il bello era la sera,  quando sullo stradone assistevano al ritorno di quei fortunati. Gente a piedi, che si alternavano con quelli della vicina Corteno che avevano il privilegio di disporre del biroccio,  anche se i più seguivano pure a piedi risparmiando il fiato a quel povero ansante asinello e quelli dell’Aprica, per forza a piedi visto che non avevano nemmeno l’asinello, ma in grande allegria e tutti, più o meno a cantare. Se poi, fra i tanti c’era chi aveva la fisarmonica era ancora più suggestivo.

Ma la fiera non finiva li. Nei giorni seguenti chi era stato alla fiera ne aveva di novità da raccontare e poi c’era di nuovo il passaggio degli zingari che , dopo qualche giorno di sosta in paese, riprendevano il viaggio in direzione Veneto.

Di tutto questo non è rimasto più niente nella coreografia periferica

Luisa Moraschinelli/Pentecoste 2011

 


Data: 07/06/2011